Monarchia o Repubblica?
Il 2 giugno 1946 gli italiani, e per la prima volta le donne italiane, furono chiamati a votare per scegliere la forma dello Stato ed eleggere l’Assemblea Costituente. Le elezioni, dunque, furono le prime a suffragio universale della storia d’Italia e aprirono una nuova fase per il Paese che diventava una repubblica democratica. Dopo venti anni di dittatura e cinque di guerra, la popolazione, che aveva subito bombardamenti e occupazioni straniere, aveva assistito o preso parte alla guerra civile, col voto al referendum istituzionale espresse la speranza di costruire un Paese aperto al cambiamento e alle libertà. La repubblica, infatti, ottenne il 54% dei voti, soprattutto nel Centro-Nord.
A nulla valsero le polemiche degli ambienti monarchici che gridarono ai brogli o la decisione di Vittorio Emanuele III che, un mese prima del referendum, aveva abdicato in favore del figlio Umberto II nel tentativo di far apparire la corona meno compromessa col fascismo.
Sebbene la campagna referendaria si fosse svolta in un clima teso per lo scontro tra le sinistre e i conservatori (monarchici, liberali e parte della DC), la vittoria repubblicana fu indiscutibile. La forma repubblicana fu poi sancita dai lavori dell’Assemblea Costituente: tra il 1946 e il 1947, nonostante i contrasti politici e ideologici, la Commissione approvò il testo finale della Carta Costituzionale che fissò i princìpi e i doveri del nuovo Stato repubblicano e, con l’articolo 139, stabilì che “la forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale”.