Giulio e Adolfo erano due amici inseparabili, e quel giorno erano andati nel boschetto dietro casa a giocare a fare gli indiani a loro questo gioco piaceva tanto.
Avevano entrambi in mano il loro arco di legno che si erano costruiti e sulle spalle portavano la faretra con dentro le frecce dalla punta a ventosa.
Giulio prese una freccia e la tirò contro un grande albero, ma non prese bene la mira e ahimè, mancò il bersaglio.
– Guarda qua, ti faccio vedere io come si tirano le frecce! – lo prese in giro Adolfo, che prese la mira, tese l’arco e scoccò la freccia. Ma anche Adolfo mancò il bersaglio.
Giulio cominciò a ridere e Adolfo, arrabbiatissimo, continuò a lanciare frecce finché non riuscì a prendere il tronco dell’albero.
– Visto che ci sono riuscito! – disse Adolfo facendo la linguaccia a Giulio.
Giulio continuava a ridere e i due presero a rincorrersi per il bosco cercando di lanciarsi le frecce addosso.
Quando, ad un tratto, sentirono un forte rumore provenire da dietro un grande cespuglio.
Giulio e Adolfo si fermarono ad ascoltare, e d’istinto presero entrambi l’arco e tesero le frecce in direzione del cespuglio.
Un istante dopo, dal cespuglio spuntò il faccione di un orso!
Adolfo dalla paura scoccò la freccia che, neanche farlo apposta, finì dritta dritta sul naso dell’orso, e poi scappò a gambe levate lasciando Giulio da solo di fronte all’orso.
L’orso, si guardò la punta del naso a cui si era attaccata la freccia con la ventosa, poi guardò l’incolpevole Giulio aggrottando le sopracciglia.
Intanto Adolfo con un balzo si era rifugiato sopra il ramo di un alberello, su cui purtroppo non c’era posto anche per Giulio.
Giulio guardò l’amico e cercò anche lui un albero su cui potersi rifugiare, ma niente, erano tutti alberi grandi e grossi e i rami erano troppo alti per lui.
Non aveva scampo, doveva ingegnarsi in un altro modo, e così gli venne un’idea:
– Mi fingerò morto così non mi attaccherà – si disse, e si buttò a terra chiudendo gli occhi e trattenendo il respiro.
L’orso incuriosito dalla scena uscì dal cespuglio, si tirò via dal naso la freccia e andò verso Giulio.
L’orso non era poi così grande, anzi, era abbastanza piccolino perché in realtà si trattava di un cucciolo!
Avanzò verso Giulio, ed iniziò ad annusarlo, prima i piedi, poi le mani ed infine il viso. Giulio cercava di trattenere il fiato meglio che poteva.
L’orsetto gli annusò per bene il volto, poi il naso, le orecchie e poi… gli diede una gran leccata, e tutto soddisfatto se ne andò via.
Giulio finalmente riuscì a prendere aria e fece un gran sospiro di sollievo. Intanto arrivò Adolfo che aveva visto tutta la scena dall’albero ed era appena sceso.
– Come stai Giulio, tutto bene?
– Sì sì, tutto bene… – disse Giulio pulendosi i vestiti mentre si rialzava.
– Bella l’idea di fingerti morto, così l’orsetto se ne è andato via!
– Già…
– E dimmi, ho visto che l’orso ti ha sussurrato qualcosa all’orecchio, cosa ti ha detto?
Giulio guardò Adolfo e sorrise:
– Beh, mi ha detto di giocare con degli amici meno fifoni la prossima volta!
I due bambini scoppiarono a ridere: Adolfo era stato davvero fifone!
Ma si volevano bene e continuarono a giocare insieme.
Completa il disegno dell’orso unendo i numeri pari.