Erano inseparabili. Cresciuti insieme, chi addirittura si conosceva dalla scuola dell’infanzia, erano arrivati in quinta elementare più amici di sempre. Non erano un gruppo numeroso ma sapevano di poter contare l’uno sull’altra, come dita di una mano. E come una mano ha cinque dita anche loro erano cinque. «Ragazzi sapete che il Cinque è collegato alla consapevolezza dei cinque sensi, così come alla protezione? Rappresenta anche il servizio agli altri. In quanto numero delle dita della mano, il cinque, indica il potere dell’uomo». Era Elena, la mamma di Barbara, appassionata di numerologia, che aveva tirato fuori il discorso quando la figlia e i suoi quattro amici avevano chiesto un gelato. Aprì la borsa frigo e cominciò a passare ai ragazzi dei ghiaccioli alla menta: «Io Gran Gelataio della Playa offro a te, Riccardo, questa spada di ghiaccio!» disse, e la consegna sembrava la cerimonia di attribuzione di un premio, o di una onorificenza, tale era la solennità del rito. La stessa formula fu usata anche per Barbara, Ilenia, Paolo e Sara che risposero con uguale enfasi. «Cinque spade di verità e giustizia per cinque impavidi eroi!» disse la mamma che invitò i ragazzi a sedersi in cerchio per irrimandabili comunicazioni. Elena amava chiacchierare e soprattutto adorava prendersi cura di quei ragazzi che lei considerava ancora bambini. Barbara aveva frequentato la scuola dell’infanzia comunale di Catania dove aveva conosciuto Ilenia, e quando iniziarono il percorso alla scuola primaria legarono prestissimo con gli altri tre. Barbara li chiamava in mille modi e ogni volta trovava un riferimento al cinque: siete il mio pentagramma, ecco che arrivano le cinque dita, vi muovete come i Jackson five… Per non dire di quando li salutava accompagnando il classico “batti cinque” con una stranissima danza di mani che musicava canticchiando l’incipit del primo movimento della quinta sinfonia in do minore di Beethoven. «È forse il più famoso inizio sinfonico che sia mai stato scritto; utilizzato nella musica pop, in molti film, è stato usato dalle trasmissioni in italiano della famosa Radio Londra durante la Seconda guerra mondiale, in quanto in codice Morse tre punti e una linea formano l’iniziale V di Victory» disse una volta che era particolarmente ciarliera. Chiacchierona sì, ma mai banale. Con le mani appiccicaticce, per le colature del ghiacciolo, Paolo si mise a sedere per ultimo sotto l’ombrellone dove anche Emilio aveva raggiunto il gruppetto. Elena li guardava in silenzio, uno per uno, li scrutava chiedendosi se non stesse spingendo un po’ troppo. Non voleva caricarli di un eccesso di responsabilità ma sapeva che in quegli anni avevano condiviso esperienze importanti, e grazie alla loro maestra erano cresciuti maturando una certa idea di comunità che sperava non si disperdesse con l’ingresso in prima media. Avrebbero fatto insieme anche questo ciclo scolastico e tutti ne erano contenti. «Dobbiamo darvi una notizia» esordì la donna e dieci occhi curiosi le si appiccicarono addosso. Emilio sorrideva sornione. Riprese anticipando le domande che premevano, spintonandosi, nelle teste di quelle piccole “cinque dita”. Mani e testa! «Abbiamo trovato un locale che ospiterà…» e lasciò sospesa la frase per ascoltare le loro ipotesi. Fu un bailamme di parole che si rincorrevano e che tornavano indietro appena scartate. «Acqua, acqua, acqua» scandiva Emilio ogni volta che un’idea saltellava dentro al cerchio. «Siete fuori strada! Volete che ve lo dica io?» e senza aspettare risposta disse «Abbiamo trovato uno spazio dove insediare la redazione del vostro giornale!» «Il progetto che abbiamo iniziato in terza elementare con la maestra Anna?» chiese Ilenia, che con lei aveva un rapporto speciale. «Proprio quello, Penna vezzosa!» Tutti scoppiarono a ridere perché quello era il soprannome che le aveva dato la maestra per prenderla affettuosamente in giro. «Dobbiamo avvertirla…» disse Paolo guardando suo padre. «Lo sa già» rispose Emilio guardando tutti i ragazzi «l’abbiamo sentita qualche giorno fa con Elena e non vede l’ora di iniziare». «È bellissimo, temevo che il nostro giornale fosse morto per sempre» disse con voce commossa Sara, che sembrava la più grande del gruppo per via della sua altezza. «Le buone idee non muoiono mai!» le rispose Elena e, carezzevole, aggiunse alzandosi in piedi: «Le persone sotto l’influenza del cinque sono pronte a infrangere gli schemi convenzionali e precostituiti! Sono come esploratori alla ricerca della propria interiorità, vestiti di curiosità e dotati di uno spiccato senso di libertà. Sono viaggiatori con la vocazione a sperimentare nuove situazioni ed esperienze» e concluse sottolineando, teatralmente, l’ultima frase. Ogni volta riusciva a entusiasmarli e ogni volta venivano richiamati a sé come fa la limatura attratta dalla calamita. «Non possiamo tenere il vecchio nome, questa che inizierà sarà tutta un’altra storia!» Era Riccardo a parlare e la sua proposta creò un gran fermento. «Ci serve un nome misterioso e simbolico, tipo… PimaM!» disse Ilenia dopo aver rapidamente segnato con un gesto le dita della mano.