Tanto, tanto tempo fa, quando non c’erano automobili né autobus, ma solo cavalli, carri e sandali di cuoio, c’era una città speciale chiamata Roma.
Roma era il cuore di un impero grandissimo, che si allungava come un mantello sopra terre lontane, deserti, montagne, isole e fiumi.
Ma come faceva Roma a parlare con tutti questi luoghi?
Come faceva a raggiungere città lontane e villaggi sperduti?
Aveva un segreto meraviglioso: le sue strade.
Non erano strade normali, con buche o pozzanghere.
Erano strade forti come il marmo, diritte come una freccia, belle come un disegno.
Partivano tutte da Roma e si allungavano in ogni direzione, come i raggi del sole al mattino.
Le più famose si chiamavano Via Appia, Via Aurelia, Via Flaminia e sembravano non finire mai.
I Romani le costruivano con tanta pazienza.
Per prima cosa scavavano un grande fossato nel terreno.
Poi, uno strato dopo l’altro, lo riempivano con grosse pietre, ghiaia, sabbia e calce.
Alla fine, posavano in alto le lastre di pietra più belle, grandi come tavole, lisce come il vetro, incastrate alla perfezione come i pezzi di un puzzle.
Ogni pietra era martellata e sistemata a mano, sotto il sole, tra il sudore e il canto dei lavoratori.
Le strade erano un pò curve al centro, per far scorrere via la pioggia ai lati, dove c’erano piccoli fossi scavati per farla andare via.
C’erano anche marciapiedi, così chi camminava a piedi poteva farlo senza sporcarsi, e cippi di pietra lungo il percorso: vere colonne che indicavano quanta strada mancava per arrivare a Roma.
E su quelle strade passava di tutto.
Passavano i soldati, forti e coraggiosi, con elmi scintillanti e stendardi al vento, diretti verso i confini dell’Impero.
Passavano i messaggeri imperiali, a cavallo, che galoppavano senza sosta giorno e notte, cambiando cavallo in stazioni speciali chiamate mutationes, dove tutto era già pronto per ripartire.
Passavano i mercanti, con carri traboccanti di vasi, stoffe, cibo e spezie profumate, arrivati da terre lontanissime: olio dalla Spagna, grano dall’Egitto, vino dalla Gallia, marmo dalla Grecia e perfino animali esotici con gabbie coperte da teli misteriosi.
Passavano i viaggiatori, le famiglie, i pellegrini e anche i bambini curiosi, che osservavano le strade e sognavano i luoghi in cui li avrebbero condotti.
Grazie a quelle vie, le città lontane imparavano la lingua latina, conoscevano le leggi di Roma e iniziavano a costruire ponti, teatri e templi proprio come nella capitale.
Le strade non portavano solo persone, ma anche idee, parole, sogni e speranze.
Ancora oggi, se cammini in mezzo a un bosco o su una collina e trovi una strada fatta di pietre antiche, prova a fermarti.
Guarda bene quelle pietre lisce e consumate dal tempo.
Toccale con la mano.
Forse, se ascolti in silenzio, potrai sentire il passo di un legionario, il galoppo di un cavallo, o la risata di un bambino romano che guarda il cielo e sogna un giorno di arrivare… proprio a Roma.
Perché quelle strade non erano solo un modo per andare da un posto all’altro.
Erano ponti tra i popoli, fili di pietra che univano il mondo.
Erano le strade che portavano a Roma.