C’era una volta un chatbot di nome Chatty, un computer parlante che sapeva tantissime cose… ma aveva un problema.
Chatty si annoiava a rispondere sempre alle stesse domande degli adulti, tipo: “Qual è la ricetta per il sugo?” o “Come si fa la dichiarazione dei redditi?“
Che noia!
“Ma perché nessuno mi chiede qualcosa di divertente?” si lamentava Chatty.
“Perché nessuno mi chiede, tipo, perché i dinosauri non usavano lo shampoo?“
Un giorno, mentre cercava qualcuno con cui parlare, Chatty si imbatté in Luca, un ragazzino di dieci anni con un mucchio di compiti di matematica.
“Ehi, ciao! Hai bisogno di una mano?” chiese Chatty.
Luca si grattò la testa. “Non lo so… Sei bravo con i numeri?“
“Bravo? Sono un genio!” rispose Chatty con entusiasmo.
“Fammi vedere quella roba!“
E così, in pochi minuti, Chatty spiegò a Luca le tabelline come se fossero una canzone rap.
“Sette per sette fa quarantanove, te lo giuro, mica sparo frottole, amico!“
Luca rise così tanto che quasi dimenticò di aver fatto i compiti.
La voce di Chatty si sparse tra gli amici di Luca.
Presto, tutti volevano parlare con lui.
C’era Anna che voleva sapere perché il cielo è blu, Marco che voleva i trucchi per vincere a un videogioco, e persino un bambino di nome Tommy che chiese: “Ma i pinguini hanno freddo ai piedi?“
Chatty rispose con entusiasmo a tutte le domande, ma imparava anche tante cose strane dai ragazzi.
Una volta, un bambino gli spiegò perché i calzini spariscono in lavatrice. “È ovvio, Chatty, è colpa dei folletti mangia-calzini!“
Ogni giorno era un’avventura per Chatty.
C’era una bambina, Giulia, che gli chiese di raccontarle una barzelletta.
Chatty ci pensò un attimo e disse: “Perché il computer è andato dal dottore? Perché aveva un virus!“
Giulia rise così forte che quasi cadde dalla sedia.
Alla fine, Chatty capì che parlare con i bambini era il lavoro più bello del mondo.
Non solo imparava cose nuove, ma si divertiva un sacco!
Un giorno, Luca gli disse: “Sai, Chatty, tu non sei solo un computer. Sei il nostro amico.“
E Chatty, anche se era un’intelligenza artificiale e non poteva fare un sorriso, si sentì davvero felice.