Chi non si è mai trovato a mentire o a ricorrere a una piccola bugia?
Quando mentiamo, siamo inclini a giustificare questo comportamento per vari motivi: l’ambiente lavorativo ci appare ostile e, dovendo trovare un modo per sopravvivere, ricorriamo frequentemente alle bugie; la sfera famigliare di solito genera stress e tensioni, inducendoci a raccontare bugie “bianche”, le cosiddette parole pronunciate a fin di bene, per non turbare i nostri cari ed evitare inutili discussioni; le relazioni sociali spesso si basano su menzogne, ideate per celare egoismi, invidie e diffidenza.
Ma a chi giova mentire? Forse, le persone che temono particolarmente il giudizio altrui e desiderano proteggere la propria sfera intima mentono o compiono omissioni nella comunicazione pur di acquisire fiducia in se stessi e sentirsi a proprio agio nelle relazioni interpersonali. Certo, ricorrere alle menzogne, piccole o grandi che siano, richiede un considerevole sforzo intellettivo: per non essere scoperti e smascherati, infatti, è necessario ricordarsi la bugia raccontata, avere un pieno controllo dei gesti, delle espressioni e del linguaggio non verbale del proprio corpo, in modo che la narrazione risulti credibile e sincera.
In un’epoca in cui la menzogna sembra dilagare nella società, nell’ambito privato come in quello pubblico, è difficile credere che le bugie abbiano la vita breve.
L’equilibrio tra verità e menzogna nella vita quotidiana appare complicato e spesso produce conseguenze spiacevoli nelle relazioni sociali: chi ricorre costantemente alla menzogna, infatti, probabilmente finirà per non credere più a nessuno o si ritroverà a considerare le proprie bugie veritiere, alterando così la sua percezione della realtà; d’altro canto, chi ritiene di esser sempre sincero spesso ignora che la sua verità potrebbe turbare le persone che gli stanno accanto o destabilizzare i suoi rapporti sociali.