Facciamo un gioco: qual è la prima immagine che ci viene in mente quando pensiamo a una città, magari nota in tutto il mondo? Forse, nella nostra mente, ci apparirà, nitida come una fotografia, l’immagine di un monumento, un edificio, una strada o uno scorcio paesaggistico che possa suscitare un legame con quella città. Siamo in grado di immaginare Roma senza il Colosseo, Parigi senza la Tour Eiffel, Londra senza il Big Ben? Probabilmente è impossibile. Lo stesso vale per New York: il pensiero corre, se tralasciamo la Statua della Libertà, all’immagine dell’Empire State Building, il grattacielo in stile art déco che, progettato dall’architetto William F. Lamb nei ruggenti Anni Venti, fu inaugurato il 1° maggio 1931.
L’edificio, all’epoca il grattacielo più alto del mondo grazie ai suoi 443 metri di altezza, fu costruito con i finanziamenti di John J. Raskob che desiderava superare il Chrysler Building: nonostante la Grande Depressione si fosse abbattuta negli Stati Uniti a seguito del crollo della Borsa, il progetto dell’Empire fu portato a termine in un solo anno e 45 giorni, impiegando 3500 operai, molti dei quali erano immigrati italiani e irlandesi.
L’Empire, da sempre simbolo della capacità dell’uomo di superare limiti e avversità, oggi affronta un’altra sfida, quella ambientale: nei prossimi tre anni, il grattacielo, per ridurre le emissioni di CO2, sarà alimentato soltanto dall’energia del vento e da altre fonti rinnovabili.
Ilaria Lembo