Alla base della missione di Gagarin ci fu il coraggio. Non c’erano molte certezze sul successo del suo volo, le incognite erano molto alte e poi c’erano stati due grandi incidenti su circa 150 missioni.
La storica missione di Jurij Alekseevič Gagarin, primo uomo che il 12 aprile 1961, a bordo della Vostok 1, in 108 minuti, completò un’intera orbita ellittica attorno alla Terra raggiungendo un’altitudine massima di 302 km e una minima di 175 km, viaggiando a una velocità di 27.400 chilometri orari.
Al tempo di Gagarin non si sapeva ancora come il corpo umano si sarebbe comportato, ammesso che fosse arrivato sano e salvo in orbita in condizioni di assenza di peso, e quali scompensi avrebbe potuto produrre questa situazione.
All’epoca dell’impresa di Gagarin, che per la missione scelse il nome “Cedro”, i giornali raccontarono con entusiasmo e preoccupazione questo avvenimento formidabile, era una novità assolutamente fantastica che cominciava a far pensare ai viaggi nel cosmo.
La capsula in cui viaggiò l’astronauta russo aveva appena un orologio, tre indicatori per gli impianti di bordo e un piccolo mappamondo che indicava la posizione della navicella intorno alla terra, oltre agli oblò da cui ammirare e descrivere per la prima volta in assoluto il pianeta “azzurro”, come lo definì lo stesso Gagarin: “La vista della Terra dallo spazio è affascinante anche in orbita bassa, ad una distanza tutto sommato piccola, perché si viaggia a poco meno di 400 km, come la distanza tra Firenze e Roma, guardiamo le stelle e le vediamo come le vedremmo dalla Terra, ma guardiamo la Terra ed è tutta un’altra cosa. Il fatto di essere poi in assenza di peso, di vedere il sole sorgere e tramontare ogni 45 minuti, beh, si ha la sensazione di essere in un altro mondo, in un’altra dimensione.
Il cielo è profondamente nero, la parte di Terra illuminata dal sole è molto brillante e il contrasto di luce è fortissimo. La cosa curiosa è che non si vedono bene le opere dell’uomo e solo aguzzando la vista forse si distinguono la Muraglia cinese, le piramidi.
L’impronta umana è data dalle luci delle città, quando osserviamo la parte notturna del pianeta. Sono più abbondanti lungo le coste dei continenti perché lì ci sono gli insediamenti più frequenti. Solo allora ci ricordiamo che la Terra è abitata dall’uomo e ci rendiamo conto della capacità che quest’ultimo ha avuto e ha di trasformare le cose.
Quel “salto” nel buio del cosmo compiuto da Gagarin ha avviato la corsa allo spazio e permesso anche di migliorare la tecnologia, adattandola all’ambiente. Come un più moderno Cristoforo Colombo, il primo uomo a volare nel cosmo ha aperto la strada ad un nuovo mondo.
Dall’impresa russa sono trascorsi 60 anni: il mondo è cambiato ad una velocità paragonabile a quella della Vostok 1 attorno all’orbita terrestre quel 12 aprile 1961. L’avventura nello spazio di Gagarin ci ha dato per la prima volta la dimensione del pianeta terra, un villaggio interconnesso. È stata proprio la vista del pianeta Terra, come una palla luminosa nel nero del cosmo, che ci ha dato la sensazione della nostra unicità e, forse, solitudine. Di un’integrazione in questa sorta di stazione spaziale che viaggia in un grande oceano che pare, al momento, sconfinato.
da un articolo di Alessandra Rossi