Umberto Eco, che scrisse la prefazione alla prima raccolta italiana in volume, Mafalda la contestataria, Bompiani, 1969, «è un’eroina arrabbiata che rifiuta il mondo così com’è […] vive in una continua dialettica col mondo adulto, che non stima, non rispetta, avversa, umilia e respinge, rivendicando il suo diritto a rimanere una bambina che non vuole gestire un universo adulterato dai genitori».
Quino si ispirò a una bambina del romanzo argentino Dar la cara, di David Viñas. Mafalda è una bambina di 6 anni, intelligente, acuta, e interessata ai problemi del mondo. Non ha remore nell’interrogare gli adulti sulle questioni più spinose, tantomeno a dispensare giudizi. Odia particolarmente la minestra che, per Quino, «è una metafora di tutto ciò che si vuole imporre con la forza, delle cose alle quali vuole costringerti il potere, di ciò che viene imposto a un bambino, a un cittadino, a un popolo.»
La prima striscia di Mafalda, esce il 29 settembre del 1964. Mafalda, è la bambina protagonista delle storie create dal fumettista argentino Joaquín Salvador Lavado Tejón, in arte Quino.
La striscia è stata vista anche come un omaggio alla popolare Nancy di Ernie Bushmiller, ma il riferimento principale di Quino fu sicuramente Peanuts di Charles Schulz. Diversamente dal mondo disincantato e infantile di Charlie Brown e i suoi amici, però, quello di Mafalda è concreto e privo di ingenuità. Questa bambina, spesso irriverente, vede e dice le cose per come sono realmente, rifiutandosi di scendere a compromessi. La striscia di Quino è sarcastica e critica nei confronti della società e piace ai lettori perché parla dei problemi in modo diretto e intelligente.
Nel 1973, dopo dieci anni di pubblicazioni, Quino smise di disegnarne le strisce. «Ad un certo punto mi sono veramente stancato», ricorda in un’intervista a l’Espresso. «Non ce la facevo più a dire tutto quello che non andava, a passare il mio tempo in un continuo atteggiamento di denuncia. Il momento in cui ho deciso di mettere fine alle sue avventure, è coinciso poi con l’inizio di un periodo nero per l’Argentina. Quello dei sequestri, delle sparizioni, della dittatura. Il regime militare ha rafforzato la censura. Anche volendo, non avrei mai potuto continuare».
Gina Chiacchiaro