di Fulvia Niggi
Salvatore Messina era certo che il vecchio bunker di Bout du Col non fosse distante dal lago omonimo. Aveva confrontato minuziosamente le vecchie cartine militari, custodite in soffitta dal
nonno, con alcune mappe più recenti che avevano confermato le sue convinzioni.
Ma andiamo per ordine!
Nonno Toni aveva dovuto lasciare il paese d’origine, la Sicilia, in nome di una guerra che aveva sin
da subito considerato massacrante e inutile, per andare a combattere in uno sperduto villaggio
piemontese della Val Germanasca, al confine con la Francia. Fortunatamente era riuscito a tornare a casa vivo, anche se privato del braccio destro a causa di una mitragliata che l’aveva colto di sorpresa durante una notte di tempesta.
Più volte il reduce palermitano aveva raccontato al nipote le proprie imprese, ripercorrendo passo dopo passo, grazie a una memoria di ferro che nemmeno il tempo aveva mai intaccato, i sentieri e le mulattiere calpestati o imboccati a dorso di un mulo, nel lontano 1940. Non era stato facile, per lui, sopravvivere ai gelidi inverni di quella valle, né alla fame, patita per cinque anni, nonostante fossero state create delle teleferiche per i rifornimenti.
Salvatore aveva sempre dimostrato un certo interesse verso i racconti del nonno, anche se
immaginava che spesso inventasse qualche aneddoto per rendere più affascinante il proprio passato.
Prima di morire, il vecchio generale Toni Messina aveva chiesto al giovane nipote di fargli una
promessa: avrebbe dovuto raggiungere la provincia di Torino, sopra Ghigo di Prali, a circa 42 km da Pinerolo, per ritrovare il bunker nel quale aveva gestito le ultime operazioni di guerra durante il Secondo conflitto mondiale. Si trattava del 2° sistema difensivo costruito per fermare eventuali
infiltrazioni che fossero riuscite a superare la linea del Col D’Abries.
Salvatore era rimasto colpito dalla strana richiesta del nonno, anche perché non aveva fatto in tempo a capirne la motivazione, benché gli avesse giurato che sarebbe partito al più presto, senza neanche un minimo di esitazione. L’ex generale era passato a miglior vita regalandogli un ultimo sorriso, rassicurato dal fatto che la promessa sarebbe stata mantenuta. Salvatore aveva avuto la prontezza di cogliere l’ultimo sguardo del nonno, rivolto verso una vecchia fotografia in bianco e nero appesa alla parete della stanza.
Asciugate le lacrime, il ragazzo si era avvicinato alla foto per staccarla dal muro.
Lontano dagli occhi indiscreti della madre e del padre, ancora raccolti in preghiera a cospetto del
defunto, si era recato in camera sua per esaminare l’immagine un po’ sfocata che ritraeva il generale Antonino Messina davanti a un piccolo laghetto, ai tempi in cui le sue braccia erano ancora due.
Tolto il vetro che la proteggeva dal deterioramento, aveva scorto una scritta, sul retro di quel
vecchio pezzo di storia: “Sotto la postazione per mitragliatrice. Consultare la mappa in soffitta”.

