La campanella suonò e la classe si riempì di voci, risate e zaini colorati.
La maestra Marta, con il suo solito sorriso pieno di energia, accese il grande monitor touch appeso alla parete. Sullo schermo apparve un mare in movimento, con onde che sembravano vere.
Al centro della lavagna digitale comparve un nome in lettere grandi e dorate: “ULISSE”.

I bambini si fermarono a guardare, affascinati.
«Oggi vi porterò in viaggio» disse Marta, «ma non con un aereo, né con un treno.
Partiremo insieme su una nave fatta di parole, immagini e suoni. Vi va di salpare?»
«Sì!» gridarono tutti in coro.
Con un tocco del dito, la maestra fece apparire una mappa dell’antica Grecia.
«Ecco Troia» disse, zoomando sullo schermo.
«Da qui parte il nostro eroe: Ulisse, re di Itaca.»
Cliccò su un’icona, e dal monitor si udì il rumore delle onde, il fruscio del vento e il canto lontano dei marinai.
I bambini si guardarono meravigliati.
«Ha combattuto per dieci anni nella guerra di Troia» spiegò la maestra.

«Ma il suo viaggio più difficile comincia adesso: il ritorno a casa.»
La maestra toccò un’altra immagine: apparve una caverna, e un’enorme ombra con un solo occhio riempì lo schermo.
«Guardate… questo è Polifemo, il ciclope gigante!»
Un video mostrava il mostro mentre solleva le pecore e ruggisce.
Tommaso si mise a ridere.
«Maestra, che paura!»
«Eh sì», rispose Marta sorridendo, «ma Ulisse non si spaventò. Si presentò come “Nessuno” e poi lo accecò per fuggire. Peccato che, preso dall’orgoglio, gridò il suo vero nome. Così Poseidone, il dio del mare, giurò vendetta!»
La maestra toccò lo schermo: apparve un’onda gigantesca che travolse la nave di Ulisse.
La classe fece “Ooooh!” tutta insieme.
Il monitor mostrò un’isola piena di fiori luminosi.
«Qui Ulisse trovò un popolo che si nutriva del loto, un frutto che faceva dimenticare tutto.»
«Come se il cervello si spegnesse?» chiese Chiara.
«Esatto. Ti scordi chi sei e dove vuoi andare. Ma Ulisse li salvò tutti, ricordando loro la strada verso casa. A volte la tecnologia ci distrae come il loto. Bisogna saperla usare senza dimenticare cosa conta davvero.»
I bambini annuirono, qualcuno guardò il proprio tablet sorridendo.
Marta aprì un’animazione 3D con una casa nel bosco e una donna misteriosa.
«Questa è Circe, la maga che trasforma gli uomini in animali.»

«Come un filtro magico?» chiese Gaia.
«Proprio così. Ma Ulisse, aiutato dal dio Ermes, resistette. Circe lo rispettò e gli insegnò molte cose. Restò un anno con lei, ma non dimenticò mai Itaca. Il suo cuore gli ricordava che nessuna magia è più forte del desiderio di tornare a casa.»
Sul monitor apparve Ulisse che osserva il mare al tramonto e la classe restò in silenzio per qualche secondo.
Marta toccò lo schermo e partì un suono dolcissimo: il canto delle Sirene.

«Sentite? Sono belle, ma pericolose. Con la loro voce promettono tutto… ma chi le ascolta, si perde per sempre.»
«E come ha fatto Ulisse?» chiese Tommaso.
«Ha chiesto di essere legato all’albero della nave e ha tappato le orecchie dei suoi compagni con la cera. Così ha potuto ascoltare senza cadere nella trappola. È come quando guardiamo un video interessante: serve curiosità, ma anche attenzione per non dimenticare la rotta.»
La maestra fece scorrere la mappa sul monitor e indicò due punti vicini.
«Guardate qui: Scilla e Cariddi, due mostri marini. Uno inghiottiva il mare, l’altra divorava i marinai. Ulisse dovette scegliere da che parte passare. Perse alcuni compagni, ma salvò gli altri. Capì che essere un capitano non significa comandare, ma avere il coraggio di scegliere.»
I bambini si guardarono in silenzio.
Anche loro, per un momento, si sentirono piccoli marinai.
Sul monitor apparve un’isola luminosa e tranquilla.
«Questa è l’isola del dio Elio. Ulisse disse ai suoi uomini di non toccare le mucche sacre, ma loro non lo ascoltarono. Zeus scatenò una tempesta terribile e distrusse la nave. Solo Ulisse sopravvisse, aggrappato a un relitto in mezzo al mare.»
La maestra fece apparire il suono della pioggia e del vento: la classe rimase incantata.
«Naufragò sull’isola della ninfa Calipso, che si innamorò di lui e gli offrì l’immortalità. Ma Ulisse rifiutò. Preferì un solo giorno a Itaca a mille anni senza libertà.»

Sul monitor apparve il volto sorridente di Calipso, e accanto la figura solitaria di Ulisse che guarda l’orizzonte.
Gaia sussurrò: «È bellissimo.»
Marta toccò l’ultima tappa sulla mappa interattiva.
«Dopo vent’anni di tempeste e prove, Ulisse tornò finalmente a Itaca. Travestito da mendicante, riconquistò la sua casa, sconfisse i prepotenti e riabbracciò Penelope. Il suo viaggio era finito, ma dentro di lui qualcosa era cambiato per sempre.»

Sul monitor comparve un video con il mare calmo e la scritta: “Ogni viaggio ci trasforma.”
La maestra si sedette sulla cattedra e guardò i suoi alunni, che avevano ancora gli occhi pieni di luce.
«Vedete, bambini, il viaggio di Ulisse non è solo una storia antica. Ogni volta che affrontiamo una sfida, che sbagliamo e ricominciamo, che seguiamo la nostra strada, stiamo navigando anche noi verso la nostra Itaca.»
Tommaso alzò la mano.
«Maestra, anche noi la troveremo, la nostra Itaca?»
Marta sorrise e toccò di nuovo il monitor.
Sullo schermo apparve un mare dorato con tante piccole barche, ognuna con il nome di un bambino.
«Sì, la troverete. Perché Itaca non è solo un’isola: è un sogno, un’idea e una meta che vi fa crescere ogni giorno.»
La campanella suonò, ma nessuno si mosse.
Quel giorno, la classe non aveva solo studiato una leggenda: aveva vissuto un viaggio.
E tra il mare virtuale e il grande schermo, ogni bambino sentì dentro di sé il respiro del vento, il profumo del sale e il coraggio di Ulisse.

