Enea era un ragazzo tranquillo.
Amava costruire piccoli robot e passava i pomeriggi tra fili, batterie e sogni di luce.
Il suo robot preferito si chiamava Astro e diceva con la sua voce registrata:
“Io non mi arrendo mai.”
A scuola, Enea era gentile e curioso, ma spesso camminava da solo.
Tre compagni — Riccardo, Filippo e Tommaso — lo prendevano di mira.
“Ecco il genio del futuro!” scherzava Riccardo.
“Chissà se il suo robot fa anche i compiti!” aggiungeva Filippo.
Enea fingeva di non sentire.
Finché, un giorno, tutto cambiò.
Durante l’intervallo, mentre mostrava ai compagni un nuovo circuito, Riccardo prese Astro e lo lasciò cadere a terra.
Il piccolo robot si spense.
L’aula rimase in silenzio.
Enea raccolse i pezzi e, con voce calma ma profonda, disse:
“Sapete cosa rende davvero forti? Capire. Non distruggere.”
Un mormorio attraversò la classe.
Poi Chiara si alzò dal suo banco.
“Basta. Nessuno merita di essere umiliato per ciò che ama.”
Riccardo sorrise ironico.
“E tu che ne sai?”
Chiara non si mosse.
“So che il rispetto vale più di qualsiasi risata.”
A quel punto si alzò Ginevra, che di solito non voleva mettersi contro nessuno.
“Ha ragione. Io non voglio più ridere quando qualcuno soffre.”
Poi Karim, il più timido, trovò la forza di parlare: “Se giriamo lo sguardo altrove, è come approvare. Io scelgo di farmi sentire.”
Subito dopo si alzò Lorenzo, sempre pieno di energia: “Io voglio che la nostra classe sia un posto dove tutti possano sentirsi liberi di essere se stessi.”
Elisa, che fino a quel momento non aveva mai parlato davanti a tutti, aggiunse: “Se uno solo di noi viene preso di mira, siamo tutti coinvolti. Io voglio cambiare.”
Poi toccò a Martina, che guardò Enea e disse piano: “Tu ci hai insegnato che anche le cose più fragili possono brillare. Non voglio che questo si perda.”
Infine, Alessio, il più sportivo, si alzò in piedi e disse con voce ferma: “Non serve essere forti con gli altri. Serve essere forti per gli altri.”
In quel momento, l’aula sembrò più luminosa.
Tutti si misero accanto a Enea.
Qualcuno raccolse i pezzi di Astro, qualcun altro li sistemò insieme sul banco.
Era come se la classe avesse deciso di ricostruire non solo un robot, ma una nuova amicizia.
Quando la professoressa di scienze tornò, vide tutti in piedi.
“Cosa succede?” chiese sorpresa.
Chiara prese coraggio e disse:
“Prof, abbiamo capito che il rispetto non si insegna solo con i libri. Si sceglie, ogni giorno.”
La prof sorrise commossa:
“Oggi avete imparato la lezione più importante dell’anno.”
Nei giorni seguenti, Riccardo restò in silenzio.
Poi, una mattina, si avvicinò a Enea con una scatola.
Dentro c’erano fili, viti e un piccolo biglietto:
“Per riparare Astro. E per ricominciare.”
Enea sorrise e rispose:
“Grazie. Tutti possiamo ricominciare, se lo vogliamo davvero.”
Quando Astro tornò ad accendersi, sul suo schermo comparve una nuova scritta:
“Il coraggio unisce.”
Da quel giorno, la classe di Enea non fu più la stessa.
Non perché tutto fosse facile, ma perché avevano scoperto che il rispetto costruisce, la gentilezza illumina e il coraggio di cambiare può nascere da ciascuno di noi.

