Rùa. Storia di una lampada. Prima parte
C'è sempre qualcuno (o qualcosa) che ha bisogno di noi
Rua era una lampada senza lampadina.
Viveva in un vecchio ferramenta, sopra uno scaffale polveroso del retrobottega, tra bulloni di seconda mano e viti spanate che si prendevano gioco di lei tutto il tempo.
Dicevano che nessuno la sceglieva mai perché era piccola, storta e aveva una testa talmente grande che al minimo movimento del collo rugoso, si ribaltava sbattendo ovunque.
Per questo era anche un po’ ammaccata.
La lampada, ogni volta che sentiva il campanello della porta del ferramenta, sperava che qualche cliente chiedesse qualcosa che si trovava nel retrobottega, quindi che la commessa passasse di lì per caso, la guardasse e, prima di rimetterla dritta, sbuffasse infastidita pensando di non riuscire mai a venderla.
A volte la lampada se ne stava distesa per settimane a sentirsi sbeffeggiare da bulloni un po’ bulletti e da viti impiccione.
Un giorno arrivò in ferramenta uno straniero. Che fosse straniero, lo si capiva dagli occhi spalancati e, certo, dal fatto che non si capiva nulla di quello che diceva.
La commessa provò a chiedergli cosa volesse, ma quello tentava di spiegarsi a larghi gesti sgraziati e a voce alta. Pare sia usanza, presso alcune popolazioni, di alzare la voce per farsi capire meglio. Cosa che, contrariamente alla loro convinzione, non succede mai.
Fine prima parte