C’era una volta, tanto e tanto tempo fa, in un bosco lontano lontano, un castello bellissimo dove viveva una dolcissima principessa.
La dolcissima principessa, di nome Ginevra, viveva felice con il principe Paul, la serva Genoveffa, e il cane Gigio.
Gigio era un cane super speciale, infatti era un cane pensate un po’ parlante.
Un giorno, mentre il principe era in giardino a raccogliere
un mazzo di fiori da regalare alla sua dolce principessa, il folletto, che viveva dentro uno dei fiori che il principe aveva raccolto, vedendosi privata della sua casa, per vendicarsi, in un attimo lo trasformò in una grande lucciola.

Quando scese la notte, la principessa preoccupata
per la lunga assenza del suo amato Paul, si affacciò alla finestra e, al chiaro della luna, vide dei fiori strappati.
Uscì dal castello e, avvicinandosi ai fiori, vide una lucciola che emanava una grande luce.
Ginevra, incuriosita, si abbassò per guardare meglio e si accorse che la lucciola aveva in testa una corona la riconobbe era quella del suo amato Paul.
La principessa era accompagnata dal fedele Gigio, il quale, fiutò la lucciola, e riconobbe l’odore del suo padrone e disse a Ginevra: «Questa lucciola è il principe».
Mentre il cane parlava con la principessa, comparve il folletto che, ancora arrabbiata per aver perduto la sua casa, non sapendo chi fosse quella fanciulla, raccontò quello che era successo.
A questo punto la principessa disperata, pianse e corse verso il castello.
Genoveffa, la serva, vedendola così disperata, le chiese perché piangesse e Ginevra, fra i singhiozzi, le raccontò tutto.
Genoveffa, che era brutta e cattiva e da sempre segretamente innamorata di Paul.
Andò in giardino per cercare di scoprire come spezzare l’incantesimo ed avere la riconoscenza del principe.

Trovata il folletto che stava cercando di ricostruire la sua casa,
premurosamente si offrì di aiutarla e, mentre l’aiutava, le chiese cosa fosse accaduto.
Il folletto le raccontò tutto ed indicò la lucciola che piangeva disperata.
Genoveffa, mostrandosi molto interessata alla storia, chiese al folletto se fosse possibile spezzare l’incantesimo e il folletto le rispose che, per farlo, ci voleva una fanciulla buona ed innamorata, disposta a correre dei rischi.
Avrebbe dovuto superare tre prove difficili, infatti: trovare l’erba magica che cresceva dentro la grotta di un orso gigantesco, strappare il pelo d’oro al drago che viveva sulla montagna e catturare il pesce con tre occhi che viveva in un lago incantato.
Gigio, che era nascosto tra i cespugli ed aveva ascoltato tutto, corse al castello per riferire a Ginevra, quello che aveva sentito.
Ginevra, allora, si mise in cammino e, lungo la strada incontrò Genoveffa che, fingendo di volerla aiutare, le disse: «Il folletto mi ha indicato la strada ed io ti aiuterò a trovarla».
Ginevra, molto contenta, si avviò con Genoveffa ignara che quella la voleva ingannare.
Le disse, infatti, che, per salvare il principe, bisognava percorrere il sentiero che era sulla sinistra e che l’avrebbe portata alla grotta dell’orso.
Ginevra s’incamminò verso sinistra, mentre Genoveffa, di nascosto, s’incamminò verso destra, come le aveva detto il folletto.
Cammina, cammina, incontrò un lupo che si lamentava.
Genoveffa gli chiese cosa avesse e il lupo, che parlava benissimo il linguaggio degli uomini,
le rispose: «Ti supplico, aiutami, ho una spina nella zampa e non posso camminare».
Genoveffa con cattiveria gli rispose: «Non ho tempo, arrangiati» e continuò il suo cammino.
Cammina, cammina, incontrò un pappagallo che si dibatteva disperatamente.
Genoveffa gli chiese che cosa avesse e quello, che parlava benissimo il linguaggio degli uomini, le rispose: «Ti supplico, aiutami, ho un’ala trafitta da una freccia che mi impedisce di volare».
Genoveffa gli rispose: «Non ho tempo, arrangiati» e continuò il suo cammino.
Cammina, cammina, arrivò vicino ad un lago ed incontrò un cigno che piangeva disperatamente.
Genoveffa gli chiese cosa avesse e il cigno, che parlava benissimo il linguaggio degli uomini, le rispose: «Ti supplico, aiutami, il mio uovo è rotolato in un buco e non riesco a tirarlo fuori».
Genoveffa con arroganza gli rispose: « Non ho tempo, arrangiati» e continuò il suo cammino.
Cammina, cammina, Genoveffa arrivò alla grotta dell’orso gigantesco e cominciò a cercare l’erba magica che si trovava nell’angolo più buio della grotta e che luccicava come l’oro.
Genoveffa si avvicinò senza accorgersi che c’era l’orso che dormiva.
Appena raccolse il primo filo dell’erba magica, la grotta incominciò a tremare e così l’orso si svegliò.
Vedendo Genoveffa con il filo d’erba in mano, si arrabbiò e con il suo sguardo la trasformò in una statua di pietra.
Intanto Ginevra, cammina, cammina, arrivò anche lei vicino al lago e vide il cigno che piangeva come un disperato
Ginevra gli chiese che cosa avesse e il cigno che parlava benissimo il linguaggio degli uomini, le rispose: «Ti supplico, aiutami, il mio uovo è caduto in un buco e non riesco a tirarlo fuori».
Ginevra con molta dolcezza rispose: «Non ti preoccupare, ti aiuterò io» e, fattosi indicare il buco in cui si trovava l’uovo, lo tirò fuori.
Il cigno riconoscente la ringraziò e le indicò il luogo dove avrebbe trovato il pesce con tre occhi.
Ginevra ringraziò e, dopo aver trovato il pesce con tre occhi, continuò il suo cammino.
Cammina, cammina, incontrò un pappagallo che si dibatteva disperatamente.
Ginevra gli chiese che cosa avesse e quello, che parlava benissimo il linguaggio degli uomini, le rispose: «Ti supplico, aiutami, ho un’ala trafitta da una freccia
che mi impedisce di volare».
Ginevra rispose con la gentilezza che la distingueva: «Non ti preoccupare, ti aiuterò io» e, dopo aver tolto la freccia dall’ala, si strappò un lembo della veste e gliela fasciò.
Il pappagallo riconoscente, volò sulla montagna e, dopo aver strappato al drago il pelo d’oro, lo consegnò a Ginevra che lo ringraziò e continuò il suo cammino.
Cammina, cammina, incontrò un lupo che si lamentava.
Ginevra gli chiese cosa avesse e il lupo, che parlava benissimo il linguaggio degli uomini, le rispose: «Ti supplico, aiutami, ho una spina nella zampa e non posso camminare».
Ginevra rispose amorevolmente: «Non ti preoccupare, ti aiuterò io» e, dopo aver tolto la spina dalla zampa,
si strappò un lembo della veste e gliela fasciò.
Il lupo riconoscente, le indicò la grotta dell’orso gigantesco e le raccomandò di scappare subito dopo aver strappato l’erba magica, senza guardare l’orso, altrimenti rischiava di rimanere pietrificata.
Ginevra ringraziò e, continuò il suo cammino.
Cammina, cammina, arrivò alla grotta dell’orso gigantesco e cominciò a cercare l’erba magica che si trovava nell’angolo più buio della grotta.
Quando vide l’erba, ricordandosi quello che le aveva detto il lupo, la strappò con forza e cercò di scappare ma, nella fretta, sbatté contro una statua e cadde per terra.
Rialzandosi si accorse che quella statua somigliava ad Genoveffa e si rese conto che quella l’aveva ingannata.
Ginevra, avendo superato le prove, ritornò al castello e si mise alla ricerca del folletto, insieme al fedele Gigio che, fiutando il terreno, trovò il fiore dove il folletto aveva ricostruito la sua casa.
Quando il folletto la vide, le chiese che cosa volesse e Ginevra rispose: «Ti ho portato l’erba magica, il pelo d’oro del drago, il pesce con tre occhi che tu avevi chiesto per spezzare l’incantesimo e restituirmi il principe».
Il folletto però, le disse che avrebbe dovuto superare un’altra prova importantissima: preparare una pozione con gli ingredienti che aveva trovato.
Ginevra tornò al castello e preparò la pozione, la mise in una ciotola e la portò al folletto che le disse: «Se il tuo è amore vero, la lucciola tornerà principe,
altrimenti rimarrà lucciola per sempre», poi si avvicinò alla lucciola che piangeva disperatamente e le versò sul capo la pozione.
Subito la lucciola ebbe come un guizzo e dal suo involucro uscì il suo amato Paul che apparve a Ginevra più bello e affascinante di prima.
Ginevra e Paul si abbracciarono e tornarono al loro castello insieme a Gigio e vissero felici e contenti per tanti e tanti anni, mentre la cattiva e malvagia Genoveffa rimase per sempre pietrificata a dimostrare al mondo che la cattiveria prima o poi viene punita e il bene trionfa sempre.