di Pippo Zarrella
Da qualche giorno sono bloccata qui, in questa classe di bambini.
Sono con le spalle al muro, stampata su un abbecedario fissato alla parete con delle puntine colorate.
Sono qui, non proprio nelle mie pose migliori. Ho i miei capelli ricci e biondi che coprono la fronte, un’enorme A in maiuscolo e una in minuscolo che affollano lo spazio destinato al mio cartoncino, quello della lettera A, come ape, come me, l’APE MAIA.
Quello che non capisco è perché, tra tante sorelle, sono stata scelta proprio io per rappresentare la lettera A all’inizio dell’alfabeto.
Al mio fianco ci sono la lettera B di barca, la C di cane, la D di dado che, a parte qualche chiacchiera di circostanza scambiata con CIRO il Cane, non sono così aperte al dialogo e a volte mi sento un pochino sola.
All’inizio questa nuova esperienza mi piaceva molto, ero felice di questa nuova vita; poi, però ho cominciato a invidiare il mio amico WILLI che vola libero nell’aria e mi viene a salutare a ogni spacco e cambio d’ora, restando spaparanzato sul davanzale della finestra della classe a farmi compagnia.
Anche ieri è venuto, questa volta però era in compagnia di FLIP.
«Cosa hai WILLI?» chiedo ansiosa.
WILLI sembra preoccupato, poi aggiungo: «FLIP, anche tu qui?»
«Sì, MAIA. Opla, opla, oplaplà!» e mi raggiunge con un salto sul cartoncino vicino alla lettera a in corsivo.
Mentre WILLI controlla tutte le vie di fuga prima dell’arrivo della maestra in classe, FLIP mi sussurra all’orecchio senza attirare l’attenzione: «Dobbiamo liberarti, devi venire ad aiutarci! MAIA abbiamo bisogno di te!»